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Pillole…di storia dell’arte: “Antonellus Messaneus me pinxit” – PARTE I

“Antonellus Messaneus me pinxit” era la firma con la quale Antonello da Messina autenticava le sue opere; eppure quelle da lui firmate risalgono all’ultimo decennio della sua attività, infatti molte di queste giovanili e non, sono frutto di attribuzioni sulla base di confronti stilistici e formali. Inoltre a tutt’oggi non è del tutto chiara la vicenda artistica di Antonello in mancanza di opere distrutte a causa del terremoto del 1908, che ha raso quasi a suolo Messina, e le scarse le informazioni relative alla sua attività fuori l’isola.
Ma nonostante ciò Antonello da Messina resta nella storia dell’arte l’esemplare dell’arte italiana su impronta europea; un artista su cui non tutti i libri spendono molte righe ma che andrebbe apprezzato e riconosciuto al pari livello dei suoi contemporanei quattrocenteschi. La sua pittura ha dell’incredibile non solo nell’ambito meridionale ma anche in quello nazionale, lasciando un segno tangibile in molte copie e riproduzioni che si diffusero sul territorio italiano.

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Autoritratto di Antonello da Messina, Londra National Gallery

Detto ciò da oggi inizia una piccola serie dedicata ad Antonello da Messina, non solo per omaggiare un artista conterraneo, ma anche per capire il lavoro di uno storico dell’arte, scoprendo il modo con il quale ragiona e il motivo per cui si pone alcune domande. Per intraprendere questo percorso non mancheranno citazioni e riferimenti a storici dell’arte del ‘900 e prenderemo a riferimento il Catalogo della mostra “Antonello da Messina”, realizzata a Roma presso le Scuderie del Quirinale nel lontano 2006; essa ha rappresentato in assoluto la prima esposizione che ha riunito il maggior numero di opere di Antonello.

Biografia*  
A tal proposito il percorso inizia proprio dal conoscere sinteticamente la figura di Antonello da Messina.
Già alcuni dubbi ruotano attorno alla sua nascita che viene indicata intorno al 1430, sulla base della testimonianza di Vasari della sua morte intorno al 1479 all’età di 49 anni.
La sua formazione avvenne presso Colantonio a Napoli, testimoniata da una lettere del 1500 nella quale si legge che Colantonio era un abilissimo imitatore della maniere fiamminga, grazie agli insegnamenti del re Renato d’Angiò. Eh sì, si dice che il re dipingesse…
La maniera fiamminga consiste in una scelta cromatica accesa e vivace, resa dall’uso sapiente e magistrale dell’olio, accompagnata da una cura e da una precisione dei più piccoli dettagli figurativi. (Vedi fig.1)

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Fig. 1: Jan van Eyck, La Madonna con il Canonico van der Paele, 1436, olio su tela, Bruges, Groeningemuseum 

Tali influenze fiamminghe in Antonello sono presenti soprattutto nelle produzioni giovanili. Poi la sua carriera continuò su al nord, in laguna, precisamente a Venezia, dove il suo stile matura e il suo successo arriva alle stelle, anche se sono in dubbio i suoi movimenti sulla base della sua produzione; invece risultano poco attendibili i suoi spostamenti a Roma, come ci riferisce lo storico e pittore Vasari, che comunque possiamo tenere in considerazione visti i suoi modi rigidamente formali tipici del Piero della Francesca (vedi fig.2). 

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Fig.2: Piero della Francesca, Resurrezione, 1450, affresco, Museo Civico San Sepolcro

Biografia*: per approfondimenti si veda B. Patera, Il Rinascimento in Sicilia. Da Antonello da Messina ad Antonello Cagini, Kalòs, 2008, Palermo, pp. 9-41.

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