storia dell'arte

Chi è veramente Monna Lisa?

Monna Lisa, il celebre dipinto conservato al Louvre, meglio conosciuto con il nome di Gioconda, è una delle opere più enigmatiche nella Storia dell’arte e non solo, ma anche nelle produzioni artistiche di Leonardo da Vinci. La poliedricità della sua persona si manifesta nel suo operato, tanto da formulare ancora oggi ipotesi, che scaturiscono da continui studi.

A tal proposito, negli ultimi giorni è balzata la notizia circa una nuova scoperta intorno l’identità della donna ritratta da Leonardo. Si tratta di un recente studio condotto dal dottore di ricerca dell’Università di Bari, nonché filosofo e antropologo, Dott. Brescia Teodoro. Nel suo saggio, dal titolo “Un rebus nella Gioconda. Tra i due rami del lago di Como”, il Dott. Brescia fornisce nuovi spunti per il riconoscimento della dama.

Leonardo da Vinci, Monna Lisa, 1503, Louvre, Parigi

Ma prima di conoscere il nuovo studio, elaboriamo un breve excursus sull’identità del personaggio. Punto di partenza è il titolo dell’opera, Monna Lisa o La Gioconda, che già rivela indizi sulla figura ritratta. Il titolo infatti nasce dall’attribuzione che ne fece Giorgio Vasari, nel suo libro “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti”; lo storico del Cinquecento, che per primo scrisse la storia degli artisti a lui contemporanei e non solo, individuava la dama con il nome di Lisa Gherardini, moglie del ricco mercante fiorentino Francesco Giocondo, da cui nasce il nome con il quale è comunemente noto il quadro.
Ma il volto così enigmatico, dato dal sorriso e dallo sguardo che sembrano burlarsi del suo osservatore, hanno alimentato diverse interpretazioni, alcune delle quali diventate leggende; come quella secondo cui dietro il volto della donna si celerebbe il ritratto di Leonardo stesso. Quindi l’artista si sarebbe ritratto al femminile.
Certo è che Leonardo lavorò moltissimo tempo al dipinto, come dimostrano i numerosi interventi di modifica. Tuttavia il motivo per cui si formulano delle domande non è tanto per il fatto che il dipinto fosse ritoccato più volte, ma sul perché lo portò con sé in Francia, dove si trova tutt’oggi.

A fornire una possibile risposta è il documentario condotto da Alberto Angela sul programma “Ulisse- Il piacere della scoperta: Viaggio nel mondo della Gioconda” (2017) ( di seguito il link https://www.youtube.com/watch?v=p5XfKT5h8G4 ).
Leonardo giungeva in Francia nel 1516 su invito del re Francesco I, dopo la morte del suo protettore romano Giuliano de’ Medici e la sua fama era stata un po’ oscurata dall’emergente Raffaello e ormai l’incommensurabile Michelangelo. In Francia Leonardo ricevette la visita del cardinale Luigi d’Aragona e il suo segretario Antonio De Beatis, che annotava molti dettagli dello studio di Leonardo. Nello studio erano presenti 3 dipinti: La Madonna, Sant’Anna e il Bambino; San Giovanni Battista e la Gioconda, che Leonardo presentava come il ritratto di una donna, commissionato da Giuliano de’ Medici. Sulla base di questa testimonianza, lo storico dell’arte Carlo Pedretti, avrebbe identificato la donna come Pacifica Brandini di Urbino, la donna di cui si invaghì Giuliano de’ Medici. Da questa donna avrebbe avuto un figlio, ma dopo il parto morì. Così Giuliano riconobbe il figlio, anche se aveva in dubbio la paternità e in questa occasione si pensa possa aver commissionato a Leonardo il ritratto della madre, affinché il figlio potesse ricordarsene.
Come faceva Leonardo a ritrarre il volto dei quella donna? Leonardo portava con sé un taccuino in cui aveva numerati le bozze di diversi modelli di parti del corpo, così bastava metterli insieme e ricreare, come in un identikit, il volto; oppure era andato semplicemente a memoria. Il fatto è che Giuliano morì e il dipinto rimase a Leonardo che lo portò in Francia e continuò a lavorarci, modificandolo di volta in volta.

A questo punto arriva l’ultimo saggio del Dott. Brescia, che parte da uno studio del 2010 dalla scrittore Silvano Vinceti, sui simboli individuati nel dipinto attraverso analisi a raggi X: una coppia di simboli per ciascun occhio e un terzo simbolo sotto la prima arcata destra del ponte sullo sfondo. I simboli erano stati letti come caratteri G, S e 72 ad indicare le iniziali di Giovanna (Bianca) Sfrorza, figlia dei Ludovico il Moro; 72 indicherebbe la data 1472, anno in cui crollò e fu ricostruito il ponte di Bobbio (Piacenza), dove la donna era solita villeggiare.
Secondo il Dott. Brescia il “rebus”, dei quali Leonardo ne avrebbe composti oltre 170 per il Moro, andrebbe risolto leggendo i caratteri a specchio, metodo di cui si serviva spesso l’artista. Pertanto le prime due lettere dell’occhio destro sarebbero LV, le uniche che andrebbero invertiti, VL, e specchiate diventano JV, componendo Juvanella; nell’occhio sinistro le lettere IE, specchiate si vedrebbero BI, cioè Brancilla; e il 72, specchiato si vedrebbe come le lettere SF, cioè Sforza. Il rebus quindi presenta il nome completo Giovanna Bianca Sforza. Che Leonardo l’avesse voluta ritrarre “invecchiata”, come si è detto? O l’ha voluta semplicemente ricordare, omaggiare, attraverso un dipinto che sembra essere diventato il suo scrigno di misteri?

Dettagli simboli, Leonardo da Vinci, Monna Lisa, 1503, Louvre, Parigi

Non resta che continuare a seguire le scoperte intorno a un uomo che, scomparso poco più di cinquecento anni fa, rimane un uomo moderno, capace di stupire, affascinare ed incuriosire ancora oggi. D’altronde ogni studio è una scoperta, ogni scoperta è un’emozione: e delle emozioni Leonardo ne ha fatto una poetica. E chissà se effettivamente il suo operato sia il frutto della volontà di suscitare delle emozioni non solo ai suoi contemporanei, ma anche ai posteri.

Fonti:
https://milano.corriere.it/foto-gallery/lombardia/22_luglio_03/rebus-occhi-gioconda-e2061a48-fae9-11ec-ae09-2b4b923393da.shtml
https://www.youtube.com/watch?v=p5XfKT5h8G4

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